“Noi tutti siamo abituati a temere il magistrato che fa un uso politico delle indagini. Ma l’esperienza mi ha insegnato che dovremmo imparare a temere molto di più il politico che si sostituisce al lavoro del magistrato“. Così, sottolineato da un convinto applauso della platea, il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi (foto), ha concluso il suo intervento al convegno “Le Commissioni parlamentari di inchiesta. Diritti incomprimibili“, organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi e svoltosi il 26 luglio a Roma, alla Camera dei Deputati.Al convegno hanno portato il loro contributo i magistrati Piero Tony e Giampiero Di Florio, l’avvocato Beniamino Migliucci, presidente dell’ Unione Camere penali, il ministro per gli Affari regionali, Enrico Costa e il giornalista Davide Giacalone, moderati da Andrea Pruiti Ciarello, del Cda della Fondazione Einaudi. Dagli interventi è sostanzialmente emerso, con toni diversi ma con un indirizzo pressoché unitario, che lo strumento delle Commissioni parlamentari di inchiesta, istituito agli inizi degli anni ’60, sulla base del dettato costituzionale, per approfondire la conoscenza di uno specifico fenomeno e consentire al Parlamento di indirizzare al meglio la propria attività istituzionale, ha finito per allontanarsi dalla sua funzione originaria, per trasformarsi in una sorta di organismo inquisitorio permanente, dedito soprattutto ad operare come fonte di notizie per processi mediatici.In particolare, è stato da più parti eccepito che non dovrebbe in alcun caso essere consentito alle Commissioni d’inchiesta di arrogarsi il diritto di interferire con diritti incomprimibili dei singoli cittadini, come quelli alla privacy e alla libertà di associazione, approfittando di un potere che il nostro ordinamento non riconosce nemmeno all’autorità giudiziaria. Proprio a questo potere, grande, incontrollato e psicologicamente inquietante, ha fatto riferimento Stefano Bisi nel suo intervento, ricordando l’esperienza da lui vissuta in prima persona, un anno fa, quando per tre volte è stato “audito” dalla Commissione parlamentare antimafia. “Mi sono trovato, solo, difronte a cinquanta inquisitori – ha ricordato Bisi – senza essere tutelato da alcuna garanzia“. Lo scopo principale della Commissione era di ottenere gli elenchi dei massoni aderenti al Goi. Non avendolo ottenuto, per il fermo e convinto rifiuto del Gran Maestro, è stato ordinato alla Guardia di Finanza di perquisire Villa il Vascello, sede del Grande Oriente, violando la corrispondenza del Goi e sequestrando gli elenchi degli aderenti. La drammatica esperienza vissuta ha convinto il Gran Maestro del Goi della necessità che il legislatore si interroghi seriamente sull’opportunità di regolare il potere delle Commissioni parlamentari d’inchiesta che può assumere forme strabordanti e lesive dei diritti dei cittadini coinvolti nelle attività d’indagine. “Perchè – ha concluso Bisi – questa attività fa male, ferisce, traumatizza“. Numerosi, tra il pubblico, gli esponenti del Goi, tra cui i componenti della Giunta, Antonio Seminario, Primo Gran Sorvegliante, e Fabrizio Celani, rappresentante in Giunta del Consiglio dell’Ordine, insieme al presidente del Collegio circoscrizionale Lazio, Carlo Ricotti. |